Le azioni in borsa di Facebook stanno crollando: conseguenze del datagate

Due importanti giornali americani hanno fatto recentemente fatto scoppiare uno scandalo a carico del social network di Zuckerberg, che sarebbe stato fonte illegale di dati privati degli utenti per la società Cambridge Analytica. Questa società che ha seguito la campagna elettorale di Trump nel 2016 avrebbe avuto gli strumenti necessari per profilare migliaia di utenti pilotando in qualche modo le loro preferenze. A farne le spese oggi sono la società, al centro di una causa governativa e citata anche dal social, e lo stesso Facebook che sta perdendo importanti partner e che ha visto le sue azioni letteralmente crollare nel giro di pochi giorni.

Settimana nera a Wall Street per Zuckerberg

Le prime a fare le spese del datagate sono state le sue azioni in borsa. L’ultima settimana ha rappresentato decisamente un evento nero per le quotazioni finanziarie di Facebook che hanno visto 58 miliardi andare in fumo a causa dello scandalo in cui è stata coinvolta la società.
Le azioni sono crollate del 5% e la percentuale è destinata a scendere se importanti aziende, come hanno minacciato già di fare, elimineranno Facebook come loro canale di marketing. A momento si tratta della più grande crisi per il colosso dei social network, che Zuckerberg oggi sta cercando di affrontare a parole con scuse e promesse. Il suo danno economico personale, tuttavia, è meno di quello che poteva essere, visto che da gennaio aveva iniziato a vendere molte delle sue azioni personali (pare 5milioni), acquistate dagli appassionati dei guadagni facili, che pensavano di andare sul sicuro puntando su un’azienda fino a oggi sulla cresta dell’onda.
Sperano quindi in una ripresa coloro che hanno investito in borsa comprando le azioni di Facebook negli scorsi mesi. Coloro che stavano per farlo invece sono in attesa investendo piuttosto su attività ludiche diverse, come i giochi di carte, il bingo o la roulette online.

Le scuse dell’amministratore delegato: rientrare dalla crisi

L’amministratore delegato di Facebook dopo un brevissimo periodo di chiacchierato silenzio, ha chinato il capo per scusarsi con i suoi utenti per la violazione della loro privacy. Un tentativo a momento di poco successo, ma dovuto, per cercare di arginare la crisi e fermare le ondate di vendite di azioni da parte degli investitori. Il Ceo di Facebook, accusato di aver venduto i dati di 50 milioni di utenti americani allo scopo di influenzarli in campo elettorale, ha dichiarato che la società si sta muovendo per correre ai ripari e per fare in modo di proteggere meglio i dati dei suoi fedelissimi iscritti. Promette che errori del genere non capiteranno più.
Il suo discorso è partito alla lontana partendo dalle prime avvisaglie del problema nel 2007, quando si inizia a permettere ad alcune app l’accesso con le credenziali Fb, ottenendo alcune informazioni su di loro. Si arriva poi al 2013 con un’app di Kogan che definiva le personalità e al 2014 con delle applicazioni abusive che potevano annunciare questi problemi. Nel 2015 Facebook scopre che Kogan aveva condiviso alcune informazioni con Cambridge Analytica: la società richiede che quest’ultima e Kogan cancellino i dati acquisiti in modo improprio.
Le due certificano di aver eliminato questi dati, ma evidentemente non è andata così. È per questo che lo scandalo si è subito tradotto con una causa fra Facebook e Cambridge Analytica (quest’ultima anche al centro di un’indagine governativa). Pur mettendosi in discussione in prima persona, Zuckerberg, quindi, spiega di essere stato tradito lui in prima persona, in qualche modo giustificandosi.